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Cosa ci fa un sedicente figlio di Jean-Jacques Rousseau nella metropolitana di New York? Chi è il raffinato collezionista d'arte che, come il corvo di Edgar A. Poe, appare e scompare di notte in un antico palazzo nobiliare? Ed è possibile immaginare che Oscar Wilde, ormai distrutto dal carcere e dallo scandalo dei benpensanti, abbia incontrato il romanziere Eça de Queirós, suo anonimo ammiratore, presso il Consolato portoghese di Parigi poco prima che entrambi, all'alba del nuovo secolo, morissero? Il fantastico non sarebbe tale se non fosse anche, a suo modo, verosimile. Ed è su questa sottile linea di demarcazione che Almeida Faria dipana la sua scrittura leggera, a tratti ironica, più spesso malinconica.